Genitori e Figli
di Maria Remigio
In seguito al Seminario di Reiki che ho tenuto a luglio, sono stata sollecitata da alcuni genitori e figli, ad affrontare un interessante argomento: quello dell’adolescenza, con particolare riferimento ai rapporti tra genitori e figli. Le difficoltà relazionali tra genitori e figli in età adolescenziale sono molte, il discorso è ampio e spero di poter sviluppare, quanto prima, una serata su questo argomento, in modo da parlarne diffusamente.
Mi pare giusto però esaudire subito, anche se in modo superficiale ed estremamente limitato, la richiesta di molti amici, eccomi con un piccolo contributo.
Le relazioni fra genitori e figli sono un problema complesso che va affrontato da vari punti di vista. In primo luogo sono necessari confidenza e dialogo, queste dimensioni non si improvvisano ma si costruiscono giorno per giorno, partendo dal momento della nascita del bambino. La confidenza deve essere reciproca, chi di noi sarebbe disposto ad esprimere sentimenti profondi o grandi segreti a qualcuno che non si comporti nello stesso modo?
E’ quindi importante coinvolgere i bambini nei discorsi dell’adulto, chiedere pareri e consigli, abituarlo a parlare delle sue cose senza deriderlo o sgridarlo, ma piuttosto correggendo, con calma e serenità i suoi errori.
E’ fondamentale sviluppare nei confronti del bambino un atteggiamento centrato sull’ascolto, troppo spesso i figli non vengono ascoltati ma interpretati. Non serve fare regali costosi, permettere ogni capriccio, assecondare ogni desiderio; è molto più utile saper ascoltare, comprendere, spiegare. Il bambino e conseguentemente l’adolescente, si confida soltanto se non teme il biasimo oppure il castigo, se considera i genitori saggi consiglieri e non guardiani repressivi. Un altro aspetto del problema nasce dalle inevitabili differenze generazionali, legate principalmente a fattori superficiali piuttosto profondi.
Sono necessari due atteggiamenti:
il primo legato alla comprensione di ciò che il giovane vuole comunicare attraverso il suo comportamento ( non sempre si tratta di una crisi esistenziale, è sufficiente l’amore per una ragazza altrettanto “dark”) per cambiare il suo atteggiamento.
Il secondo è legato ad un piccolo sforzo di memoria: quanti di noi a sedici anni se ne andavano in giro con i capelli lunghi e l’aria rabbiosa?
Ricordo che quando comparvero i jeans, questi innocui pantaloni erano associati ad un’immagine di teppista, ampiamente divulgata da Marlon Brando nel film “il selvaggio”, indossare i jeans, per il giovane del 1962, era un’impresa difficile e conseguenza di ” drammi di famiglia”.
In realtà i problemi degli adolescenti degli anni duemila, sono identici a quelli dei loro coetanei del mille avanti Cristo …
Problemi di identità, affettivi, sessuali, il bisogno di misurarsi con il mondo, il sentirsi adulti e non esserlo, il sentirsi bambini e non volerlo ammettere. Variano i contesti culturali e sociali, ma i contenti psico-affettivi, legati all’adolescenza rimangono costanti.
Dice Martin Burber riferendosi al vissuto dell’adolescente: “lasciatemi sembrare fino a quando non sarò” e noi dobbiamo rispettare questo momento evolutivo aiutando i nostri figli a “diventare”.
L’ultimo aspetto del problema è legato all’inevitabile conflitto che nasce tra l’autorità dell’adulto e il bisogno dell’adolescente di avere una propria autonomia.
Troppo spesso si chiede maturità, serietà, equilibrio, si dicono frasi del tipo: “Sei adulto ormai, devi assumerti le tue responsabilità”, oppure: “comportarti da adulto”, salvo poi negare l’uscita serale perché “Sei troppo piccolo per queste cose!”.
Ci vuole un attimo di coerenza e se si intende negare un’uscita serale, spiegare i reali motivi e non far riferimento alla giovane età.
In altre parole è necessario essere autentici, sinceri, onesti con se stessi e con i figli, avendo anche l’umiltà di riconoscere i propri errori.
E’ normale che l’adolescente si sforzi di affermare se stesso e la propria autonomia, per non trasformare questa ricerca in una guerra con l’adulto; dirò molto banalmente che è sufficiente ascoltare ed amare “veramente” i propri figli.
Buon lavoro Maria Remigio